Alessandro Roggero
IL VELIERO
IN BOTTIGLIA
( poesie )
in memoria di mia madre Ada e di mio padre Lavinio,
di Cesare Augusto
Tallone e Gherardo Cangioli,
di Leonardo
Sinisgalli, Giorgio Caproni, Piero Bigongiari
e di Maurizio
Alhadeff
tutti grandi,
persone, poeti, ingegneri, maestri e amici.
IL VELIERO
IN BOTTIGLIA
a mia madre, a mio
padre
Non ho mai pensato
di contendere la
palma al vincitore
di possedere il dono
della parola incantata
o il privilegio della
poesia.
Non sono mai stato
parte
della schiera dei
figli del sole
mi sono tenuto anzi
discosto da chi vive di parole,
ho fatto per vivere
uso del contrario,
mercatura di opposte
risorse.
Non ho avuto
consuetudine mai
con gli stessi mitici
luoghi
pur se ho sudato la
mia parte
per un sorso dalla
fonte Castalia,
mi sono soltanto
abbeverato
affranto come un uomo
qualunque
all’unica fonte
possibile.
Non ho creduto
minimamente mai
di metter piede su un mio tesoro esclusivo
e quand’anche mi è
parso che fosse
ho sempre pensato
alla trappola,
al miraggio avvistato
di ventura
dal veliero in
bottiglia.
AFORISMA
Mai mi nego a chi mi
ama
anche se è vero
che emergo dal
cespuglio della vita
con un rèfolo di
vento
che mi porta sempre
un poco più in là,
ma non scompaio.
Anche se a me stesso
nego l’immagine di me
non sento odore di
zolfo
né impedimento mi
danno
laccioli o palle al
piede:
l’assenza di gravità
toglie anche il
rumore alla ferraglia.
E se il giuoco più
semplice
pone sempre il
filosofo in imbarazzo
è anche vero che un
rutto potente
toglie peso alla
digestione.
Amen.
PALINDROMO
Fu pari all’impeto
con cui prendemmo la
salita
l’ansimare al sommo
del primo poggio.
Ci volle una radura
d’erbe
un boschetto in
penombra
e il ciliegio
selvatico.
Ridevi sputando
nòccioli
contro il muro del
casolare
ingombro d’edera e di
corimbi.
Catene di colli e
balzi
e, oltre, sterminate
pianure
non il mare.
C’era di che
arrossire: bussola
credulità o fantasia
? Ancora oggi
un palindromo
illeggibile ad entrambi.
PUNTO DI DOMANDA
Come fu che
perdessimo l’infanzia
non lo dice la data
di nascita
né oggi il discreto
pudore
che avvolge la
generazione dei quarantenni.
E’ stata così turpe
la promiscuità
del sobbalzo
nelle notti popolate
di démoni
e d’angioli con le
trombe, amori platonici
e passioni a grande
prezzo.
E da allora
c’è stato mai un
risveglio ?
GERANI
Bisogna che mi calmi
con il pensiero
degli anni che
avanzano.
Altrimenti un viso
così
può rimettere tutto
in giuoco
un’altra volta.
Che poi però non sia
la vita
che in mille modi
si diverte al tuo
fianco
col profumo invadente
dell’aria
o col geranio
che anche oggi
scoppia
dalle pentole di
smalto blu
sui balconi.
RITRATTINO
Non gli oggetti e non
la memoria
nulla che ti porti a
me
dagli anni come una
frase
e non l’ultima.
Qualunque cosa tu
voglia dire,
attento,
ora io potrei
crederti.
PARSIMONIA
Sbriciola quanto
rimane
perché nulla si
perda.
Anche quello che
avanzi
rientra da sempre
nel debito alla vita.
E verso gli altri.
AUTORITRATTO
Scarno ormai sono
come una pietra
levigata da secoli di
mare.
Non mi squama il sole
né temo la risacca.
Anche più notti
scompaio sotto un
groviglio
d’alghe e di palma.
Ma prima o poi arriva
ancora il mare
a lambirmi.
E un’altra volta
si ravvivano colori
dal velo cinerino
di antico calcare.
E si fa giorno.
MESCHINITA’
Il ciclo del vivere
ci porta
poche gradevoli
sorprese.
E’ tanto se ci dà
qualche conferma.
Anche ‘sta volta
sbuca una rosa
dalla siepe del
giardino.
E mi piacerebbe saper
dipingere
perché mi preme
rinnovare i colori
all’albero della
vita.
INCONVENIENTI
Ci separano muri
soffitti
e pavimenti. Ognuno
ignora
il suo condomino
proprio per quanto
avviene
oltre il diaframma
che dovrebbe invece
riservarne le
abitudini.
Partita il mercoledì
pizza la domenica
sesso la sera del
sabato
salvo imprevisti.
Capisco come la
vicina
mi creda divoratore
di formaggio tedesco
quando ascolto
Beethoven.
VISITA
Uscì
e neanche me ne
accorsi
così com’era entrata.
Non ho sofferto
e non l’ho
dimenticata
né sicuro ha sofferto
lei
né si è dimenticata
di me.
Ho solo avuto
qualche disagio
fino al giorno che
piovve.
Capii che non c’è
attrito
nell’unirsi e
dividersi
di due gocce d’acqua.
LETTERA DA UNA AMICA
Stava per iniziare
tra noi, non scherzo,
non voluta e nemmeno
temuta
più di tanto, una
congiura sottile
per interposte larve.
Demoni e dei tra loro
non confusi
seppur complementari
e un poco,
tra il vero e il
falso, indistinguibili
stendevano
come un’allumacatura
lattiginosa.
Per noi
il vivere in un
albume senza guscio
perpetua
un’inquietudine,
dicevi. Ed io
prosaicamente, che la
mosca
presa nella tela del
ragno
ha più vigore di noi
nell’avventura,
ma dibattersi
più velocemente la
estingue.
A noi questo non
serve,
serve una quiete
ancorché apparente.
Infine la tua lettera
mi giunse
a liberarti in volo.
Da Baltimora.
IMPROVVISO
Mi chiedo a volte se
io non abusi
di me o che farò
il giorno che
improvvisamente
si arresti il
meccanismo
del congegno o si
rallenti
il flusso della
corrente al fiume
che è la vita.
Sarà un mattino
con l’oro nella
bocca.
E quale maggior
dispetto
rinunciare in un
fiato
all’ora antelucana
come un grillo che
smette di cantare ?
BOTTO DI SPALLE
Preda o scampato
so di andare incontro
ad uno scoppio
che prima o poi parte
dalla radura.
Posso far conto
solo su un errore di
mira.
E non sarei che
inutile
trofeo di poca piuma,
animale indecoroso,
non impagliabile
per qualunque
salotto.
Con ciò mi illudo. A
chi spara
so come conti una
tacca sul calcio
e un colpo a segno
più di un inutile
bottino.
Forse già in arresto,
l’attimo che
intercorre
tra botta e tonfo
vivo in librata
sul limite di una
rosa che si allarga.
NOZZE IN CATTEDRALE
In un mattino di
luglio
basta una sparuta
colonia
di cornacchie venuta
d’oltrepiano
forse, chissà, da
Populonia
a mettere in
subbuglio
i tetti di
Pitigliano.
Arroccate su sghembi
cornicioni
tentano una difesa
trepide colombelle e
tronfi piccioni
sul tetto della
chiesa.
Ma i forestieri
lasciano i nidi
intatti, non è un
assalto
solo festa nuziale
se in un concerto di
gridi
vertiginosamente in
alto
due cornacchie
s’accoppiano
sul tetto in cattedrale.
Poi tutte insieme
doppiano
la torre campanaria:
parte il corteo, sale
allineato e altrove
svaria.
RISPOSTA AD UNA AMICA
Temi anche tu la
notte
da cui un sogno ti
riprende,
un cruccio o una
memoria
che ti rimette
nell’ora antelucana
al giorno e al suo
scialbo tormento.
Anch’io non so
decidermi
se pena sia il
notturno sobbalzo
o peggio il franamento
opposto e smemorante
nella fatica del
giorno.
In ogni modo io vivo
consolandomi di poco,
occupo
il tempo e scaccio
alcune domande
a cui non ho, per me,
accettabili risposte.
Rifuggo intanto la
continuità
dei legami, cerco
ameni ristori,
procedo a impulsi,
forse solo
in attesa di un
mattino
invadente di
solarità.
APOLOGO
Quando tu prendessi
a considerare
l’evolvere della vita,
la tua vita, come lo
snodarsi di un percorso,
temo e non vorrei
dirlo
ma è pur vero che
penso
che potresti vederla
nei particolari
tutta rimessa in fila
come una processione
di posposti.
Anche a me succede di
confondermi
se guardo i risultati
ma a debita distanza
non vedo errori in
assoluto,
solo collocazione di
eventi
in controtempo.
E una specie di
enigma
la strada che si
diparte in altre
biforcate a lor volta
e in successione
triforcate
indi quadrivi, tal
che all’infinito
si compone un
reticolo di sentieri
inestricabile.
Là, tu stai certa, al
centro
un ragno non velenoso
ma vorace
attende un segno da
un insetto
vibratile impigliato
nell’estrema
avventura della vita.
REBUS
Fuggito su navi in
arrivo
arrivato su quelle
che partivano, non
fui mai
dove sono impronte
di me, rimasto
sempre altrove
in luoghi abituali
che non conosco.
Ho abitato da solo
eremi inaccessibili
in promiscuità
di ogni genere,
adorato schiavo
al patibolo,
bestemmiato
imperatore di me
stesso
eletto all’unanimità
in deserte assemblee.
Sfamato da assidue
jene amorevoli
ho nutrito coi
visceri
il becco di trepide
pavoncelle
delicatamente senza
dolore
solo morendo
in vita.
ARRESTI
Per G. C.
Un lampo
interrompe la visita
alla città,
una farfalla
ti arresta a un bivio
l’acqua sui tetti
sospende ogni
discorso.
Una cattiva notizia
che viene di lontano
dà un senso alla vita
porgendoti il
contrario.
Un pallido sole
colora le occidue
vette…
MARINA
Abbiamo speso tempo
a cercare sassi più
levigati
e conchiglie più
belle
invece di temere
l’immensità del mare
davanti a noi.
Così un’onda
nemmeno tanto
improvvisa
ci ha incappucciato.
MATURITA’
A Gherardo Cangioli
Si allungano gli
intervalli della memoria
scompaiono giorni e
anni
esistono solo epoche
della vita e poi d’un
tratto
si fa vivo il
sentimento del tempo
che annulla vuoti e
memorie
e balza nitida e
improvvisa
la giovinezza.
SPLEEN
Abbiamo vissuto
intere stagioni
senza conoscerci e
mietuto
più profonde isole
insieme
dove anche il mare
arcuando giorni e
notti
sotto la sferza
liscia del vento
dimentica i suoi
velluti.
QUADERNO GRECO
Sorbito un ouzo di
sera
nella piazza grande
di Sparta
tra un vespaio di
gente.
A Micene fantasmi
dispersi sul
mezzogiorno
dal pieno sole di
Argo.
Bevuto il sorso
vitale
dalla fonte Castalia.
Fiumi d’oro
nel teatro di
Epidauro
da una moneta caduta.
Fatta sosta a Corinto
tra i due mari.
AZZARDO
Prefiguriamoci il
dedalo
delle combinazioni,
non esitiamo
a scegliere la strada
che si biforca sempre
in altra
strada biforcata a
sua volta..
E procediamo.
Quella luce in fondo
è il nostro esito.
O la fine.
MAR LIGURE
Abbiamo tutti amato
e temuto le tue
furie, ascoltato
i tuoi fremiti
scrutato i tuoi
segreti
vegliato le tue
notti.
Ci siamo di te
ubriacati
nel delirio accecante
del primo mattino.
DA SPIRIDION A LEFKA
Oh! tutto quel
bagaglio portato
con noi, traghettato
di porto in porto,
stipato
tra la ruota di
scorta
e la cassetta dei
colori.
Bastava molto meno
per noi nella piazza
grande di Sparta
o sotto il canneto
in una bettola di
Lefka
tra il pescatore di
aragoste
e il venditore di
cocomeri…
VIVISEZIONE
D’istinto ho sempre
intimamente diffidato
ogniqualvolta
mettevi alle parole
più crude
la premessa di dirle
per bisogno
assoluto della
verità.
Dubito più che mai
che fosse
necessaria più che il
silenzio
quella comoda
sincerità,
ora che entrambi ci
troviamo
disossati con cura.
O valgono ancora le
premesse ?
VERSANTI
Si è sempre trattato
di un impeto
e mai di una voluta
organizzazione di
risorse.
Ho sempre attinto ad
una forza
che se non fosse
stata della vita
avrei creduto
intimamente mia.
Impeto d’acqua viva
che se stagna
inevitabilmente si
corrompe.
PREGHIERA
Chi piange in te
quando una parola
imprime
il tuo bel viso
di una smorfia
o ti corruga la
fronte
e il tuo silenzio
è ancora più
implorante
dell’inarcato
sopracciglio ?
Tu vuoi che taccia e
l’impeto
si plachi tra noi
d’ogni rancura.
MIRACOLI
a Cesare Augusto
Tallone
Da sette note
e qualche falso suono
o sopranota,
da una combinazione
di ventuno
e qualche virgola,
da una mezza dozzina
di colori
e un po’ d’ impasti
c’è chi riesce
a rappresentare un
universo.
Anche in eterno.
PRIMAVERA
Che sia annunciata
anche ‘sta volta
dallo spicchio
di sole che colora
le crepe del
selciato, che ancora
sbuchi col fiore
dalla siepe
o sia portata
dal venditore di
radicchio
se anche altrove
svaria
si sente già
nell’aria
di questo indolente
mattino.
Uno sciame di
ragazzini
entra nel giardino
per una nidiata di
gattini.
ARACNE
Si strugge
ricama il suo
tormento
tace
si consuma, non fugge
aspetta in pace
la sua sera,
scaccia lo spavento
con la preghiera.
CACCIA
Anche chi cerca di
braccarti
si avventura con te
in un dedalo
e prima o poi
si perde al crocevia.
Sento in distanza
alterne
voci: chi dice
cercalo, chi dice
lascialo.
Verrà la sera
e già conosco
chi mi prenderà.
COMPAGNIE
a Leonardo Sinisgalli
Giorgio Caproni
Piero Bigongiari
Cari amici, ci siamo,
vi saluto. Non esco,
sono sempre da voi
stato lontano.
Eppure ho condiviso
con voi
ricchezze e povertà
furie e collassi
tristezze e amenità,
in poche parole
tutta, o quasi,
una vita.
Ho conosciuto di voi
le pieghe più riposte
l’anima, si può dire,
e lo sconforto;
se non ho pianto per
qualcuno
è solo perché
ho avuto molto da
fare
in casa mia.
Cari amici poeti
vi ringrazio.
QUESTIONI POETICHE
Quando è possibile
si può dire che
non traffichi in denaro
o mercanteggi,
ma scrivi poesie.
Solo quando è
possibile.
***
E’ vero che di poesia
non può vivere il
mondo.
Vivo solo io,
nemmeno la mia
famiglia.
***
Poeta ?
Forse morirò di
questo vizio
perché la vita in sé
non vale certo una
morte.
RADIOGRAFIE
a Maurizio Alhadeff
Dopo l’aneddoto di
antica saggezza
e il proverbio
levantino
il tuo volto
tra il semita e il
fenicio
in uno scoppio di
pianto
si è chiuso
tra mani forti per un
vivo ricordo.
Chi veramente siamo
noi così certamente
corazzati
così evidentemente
adulti
indubbiamente così
refrattari
se poi un lampo
interiore
ci mette a nudo lo
sterno
ci fa seduta stante
l’impietosa
radiografia della
vita
all’improvviso?
VIGILIA DI UN
COMPLEANNO
E da domani non ti resta che…
l’ultimo set di
tennis
giocato a certi
ritmi;
l’ultimo Burberry
acquistato
prima che cambi moda;
l’ultimo motore
compresso
per andare a
centottanta
prima di un divieto;
l’ultimo respiro di
sigaretta
prima di cedere
all’istinto di
conservazione;
l’ultimo decennio di
vita
prima del prossimo
secolo e millennio;
l’ultimo grande amore
prima che si stemperi
anche il senso di
avventura.
E tutto questo da
domani
che un altro po’
ti seppellisce alla
memoria.
INTERRUZIONI
La mia poesia è un
po’ come un aborto.
La genera lo stesso
atto
d’amore, la stessa
intensità di un
orgasmo
ma non dura un’intera
gestazione.
Si interrompe a un
tratto
come può
interrompersi
una vita.
O è un po’ come un
amore?
I° RITRATTINO
DI PIANISTA
Capivo la tua foga,
ti mancava il tempo
non l’ardimento.
La tastiera
avrebbe schiuso i
segreti
solo dopo il
concerto.
E la tua anima
ingigantita
dalla sopranota
è rimasta con noi
nel falso suono
poi della vita.
SILENZI SPAZIALI
Se vuoi,
anche noi viviamo
un poco di eternità.
Tra le stagioni
che la compongono
ha preso spazio,
infimo tempo
immisurabile,
la nostra semplice
vita.
Silenziosamente.
II° RITRATTINO
DI PIANISTA
E a me o a te
che resta
di tutta la fatica
del vivere,
o del correre delle
dita
su un’interminabile
tastiera ?
Poche frasi
e come sull’accordo
impervio
di settima diminuita,
l’orbita inarcata
del sopracciglio
che racchiude un
lampo,
a strappi
il bagliore insepolto
della vita.
MARY
Mi possiede una gatta
dal sorriso arcaico
a cui Mozart acquieta
ogni appetito
e Chopin suscita
l’estro.
Disarma ogni difesa
con grazia sorniona
e felina
sfrontatezza.
Non sta mai in
disparte,
pretende
un ordine di vita
alla pari.
E’ femmina
dal naso alla coda.
PASSAGGIO DI
STAGIONE
Venivano dalle spalle
del borgo e
stentavano
a perdersi.
Finivano tutti
nella gola
tra greto e selva
disperatamente.
Tra i nidi
andava mutando
senza scampo
in altra la stagione.
Erano quelli
che udivi
gridi di stativi
uccelli.
CONFINI
Ho esperienza
di limiti alla vita,
conosco confini
alla stessa sublime
fantasia.
In questo esiguo
ambito
mortalmente mi batto
stretto e prigioniero
di un semplice,
infinito
aldilà.
MANEGGIARE CON CURA
Ho sempre preteso
di guidarti, ora
vorrei
che mi prendessi la
mano.
Le gambe non reggono
e mi batte la testa.
C’è nell’aria una
musica
che mi attrae
ma il ritmo è
insostenibile
per me del bombardino
che suona all’angolo
dell’osteria.
Dammi la mano…
AL MOLO
Férmati qui
almeno il tempo
per capire
almeno il tempo
per non partire
almeno
il tempo
per non morire
altrove.
Ma davanti
il mare.
PENDOLA
a Beppe L.,
orologiaio
Un giro del quadrante
e si cresce o si
invecchia
per somma di
percettibili minimi.
L’ago metronomo
imperniato nella
scatola meccanica
dà ritmi identici.
Dolori gioie attimi
indifferenti
in continuo ripetersi
di orbite uguali.
Eterne.
INCUBO
Ti ridevano gli occhi
intanto io fuggivo,
ma in ogni parte
portavo con me i tuoi
balocchi,
bellezza, sogni tutti
in bagaglio
e la tua giovinezza.
Il rifiuto,
un abbaglio, due fari
davanti, uno
schianto.
Gli spari. Aiuto !
Il pianto poi
per la fine
improvvisa
di noi
senza un saluto.
Mi son visto morire
in un minuto.
ROSSO PAPILLON
.
Auree vaganti stelle
lasciano tracce di
percorso
ai pensieri che da
sempre
t’inseguono.
Vivo per questi
attimi
che mi destano
d’improvviso
e poi si perdono nel
buio.
Non il pensiero di te
di qui passata e dove
hai lasciato il tuo
rosso papillon.
Punto la tua spilla
al mio cuore esangue
ed un barbaglio
illumina
il tuo volto di
arciera Diana.
Mi duole anche la
penna
tra le dita e la coda
del tuo gatto che
rotola
un avvizzito
mandarino
tra le zampe come
fosse
un intero mondo
qua e là ferito per
giuoco.
Fuori è Natale !
LACUNA
a mia figlia
Niente che a me ti
porti di lontano
non tutta una vita né
una sequenza di particolari
né un insieme di
minuti aspetti di una vicenda
né tuttavia un dolore
vivo
né un’aperta ferita;
niente che mi sia
contemporaneo
come la tua assenza,
un vuoto antico
mio, ora
e sempre
di te.